La nota rivista d'arte Exibart ha realizzato un'intervista ad Andrea Gambetta, Presidente di Solares Fondazione delle Arti.
L’articolo si concentra sulla storia della nostra Fondazione, che è una delle più prolifiche di quelle presenti sul territorio italiano. Nel corso dell’intervista, infatti, il Presidente, Andrea Gambetta, ripercorre alcuni momenti salienti della vita di Solares, raccontando i progetti realizzati nel corso degli anni e le numerose collaborazioni internazionali sviluppate.
Ecco di seguito il testo dell’intervista:
Solares Fondazione delle Arti nasce a Parma dall’unione di percorsi e di saperi racchiusi nello slogan: l’arte si compone. Passo dopo passo Fondazione Solares ha costruito la propria identità, ponendosi come una tra le fondazioni italiane più attive sul territorio nazionale e all’estero. Dall’arte contemporanea al cinema d’essai, passando per il teatro, Solares Fondazione delle Arti ha creato un modello nuovo animato da una visione plurale delle discipline artistiche. Cos’altro aggiungere per descrivervi?
La nostra idea, fin dalle origini della Solares nel 2001, è sempre stata quella di un approccio multidisciplinare all’arte e di tentare di unire le diverse discipline in una convergenza progettuale, proprio per ampliare l’attività culturale della fondazione, con un’offerta diversificata al nostro pubblico, dall’infanzia all’età adulta. Credo sia importante mantenere alto il livello di proposta artistica, creando un cortocircuito positivo fra il coinvolgimento di artisti già riconosciuti a livello internazionale e un continuo lavoro di ricerca su creativi delle nuove generazioni, siano essi spettacoli teatrali o musicali, esposizioni dedicate ad autori dell’arte, del design, del cinema o della fotografia, produzioni documentaristiche o cinematografiche. Poi credo sia importante avere una particolare attenzione verso le nuove tecnologie, al mondo digitale e alle nuove frontiere dell’Intelligenza Artificiale.
Qual è il motivo per cui avete scelto la multidisciplinarietà come principio ontologico della Fondazione?
Credo sia una direzione necessaria per la contemporaneità che riguarda la fruizione della cultura, un’impostazione programmatica che segue l’esempio di molte istituzioni culturali europee, ma che in Italia fa ancora un po’ fatica a trovare una sua dimensione riconoscibile, se non all’interno di qualche festival e non ha ancora trovato un vero riconoscimento istituzionale. Questo si vede anche dall’attività di importanti realtà culturali, in cui spesso convivono una disciplina specifica prioritaria e iniziative collaterali minoritarie.
Se, invece, riflettiamo sugli aspetti che compongono la produzione di uno spettacolo o di un film, diventa facile intuire come molti aspetti convivono, per esempio il testo drammaturgico o letterario non è meno importante rispetto alla recitazione o alla direzione registica, per non parlare della scelta delle colonne sonore o di come è importante la scenografia con i costumi: ogni disciplina ha svolto un ruolo importante per la “messa in scena” del progetto. Gli esempi storici sugli “sconfinamenti” della storia dell’arte possono essere tanti, ma ormai credo diventi sempre più “normale” frequentare un centro culturale o un teatro, dove puoi anche visitare una mostra o una presentazione di un libro, dove sia possibile assistere a una proiezione selezionata o ad un concerto. Ampliare la proposta, approfondirla, con progetti di qualità, provocare diversi punti di vista aiuta a mescolare differenti tipi di pubblico che vengono – in qualche modo – stimolati da proposte culturali articolate.
In questi anni, immagino, la Fondazione si sia evoluta: ci racconti l’inizio e come siete arrivati a questo punto?
Solares nasce principalmente dall’incontro di una realtà che si occupava di cinema d’essai (programmazione e produzione) e dell’organizzazione di eventi espositivi, con il Teatro delle Briciole, uno dei più longevi e principali centri nazionali di produzione teatrale per ragazzi/e. La possibilità di visibilità internazionale è arrivata con la Biennale d’Arte di Valencia in Spagna, dove abbiamo prodotto con la curatela di Lorand Hegyi il progetto “Solares – o dell’ottimismo” (da cui ha poi preso il nome la nostra fondazione), realizzando una mostra open air sul tema della città ideale. Abbiamo potuto produrre una serie di installazioni site-specific inedite, con grandi artisti come Gilbert & George, Ilya Kabakov, Maurizio Nannucci, Richard Nonas, Dennis Oppenheim, Orlan, Michelangelo Pistoletto, Anne e Patrick Poirier, Sooja Kim ma anche esporre opere di Marina Abramovic e Wim Delvoye (solo per fare alcuni nomi), realizzando più di 40 spazi con opere che si confrontavano con la vita quotidiana degli abitanti del quartiere popolare e storico del Carmen. Il posizionamento dell’arte fuori dai luoghi museali, regalava ai luoghi bellezza e momenti di riflessione, creando una sorta di cortocircuito positivo. Tra le nostre realizzazioni ci sono poi molti progetti di cross-over con la fotografia di Wim Wenders, la pittura di Peter Greenaway, la musica di Emir Kusturica, le installazioni d’arte contemporanea di Patti Smith, le immagini digitali di Michael Nyman, le foto dal set di Full Metal Jacket scattate da Matthew Modine, i dipinti di Marco Bellocchio ma anche la riscoperta di archivi da valorizzare con le foto di autori come Marcello Geppetti, di Arturo Zavattini, di Art Kane. Poi c’era una ricchezza di personaggi da raccontare per cui abbiamo cominciato a registrare interviste e a sviluppare i primi documentari, fino a far incontrare Sebastiao Salgado e Wim Wenders per coprodurre il film “Il Sale della Terra” che ha vinto il Festival di Cannes ed è stato candidato agli Oscar. Da lì siamo poi stati contattati dal Centro Televisivo Vaticano per fare il documentario “Papa Francesco – Un uomo di parola” sempre con Wim Wenders. Il connubio fra arte e documentario è quindi diventato un metodo di lavoro e, ad esempio, con Francesco Tullio Altan abbiamo realizzato la mostra in collaborazione con il MAXXI a cura di Luca Raffaelli e Anne Palopoli, ma anche il documentario intitolato “Mi chiamo Altan e faccio vignette” coprodotto con Indigo Film; per la mostra “Dario Argento – The Exibit” attualmente al Museo del Cinema di Torino a cura di Domenico De Gaetano e Marcello Garofalo, abbiamo prodotto il documentario omonimo con la regia di Andrea Dezzi. Diventa difficile per me citare tutti i progetti, i curatori, i registi con cui abbiamo collaborato in questi vent’anni: sicuramente va ricordato Luigi Settembrini a cui ci lega la Direzione dei progetti del Salone del Mobile di Milano e della Biennale di Valencia; Lorand Hegyi con cui abbiamo realizzato mostre in Francia al Museo di Saint-Etienne, al PAC di Napoli, a Palazzo Ducale di Genova, al RISO di Palermo; Marcello Garofalo per l’esposizione con la Walt Disney alla Reggia di Colorno e quella su Bernardo Bertolucci a New York; Antonio Somaini per la mostra cinematografica “Time Machine” di Parma Capitale della Cultura 2020; Marco Pierini per la mostra su Guido Harari a Perugia e Nam June Paik a Modena, ma l’elenco sarebbe ancora lungo.
Beh, dalle tue parole sembra chiaro che, tra le Fondazioni italiane, Solares è tra le più prolifiche, con progetti di alto profilo intellettuale.
Diciamo che il livello progettuale ha sempre puntato a realizzare dei progetti che potessero essere circuitati e che puntassero ad amplificare dei ragionamenti e delle riflessioni sul mondo che ci circonda; credo che una citazione particolare meriti il lavoro svolto con il fotografo Sebastiao Salgado che ha realizzato due progetti inediti: il primo sulla città di Parma per il Centenario Verdiano ed il secondo di ritratti degli abitanti per la Biennale di Valencia, ma con Sebastiao ci lega anche una profonda amicizia che ha portato anche alla collaborazione per sostenere il progetto brasiliano dell’Istituto Terra e la realizzazione con il figlio Juliano e Wenders del film. Credo sia stato interessante anche il progetto GNAM – Gastronomia Nell’Arte Moderna sul rapporto fra arte e food, sviluppato 9 anni prima dellExpo di Milano. Poi la Solares ha collaborato molto con la città di Lugano facendo mostre al LAC e co-producendo con una dinamica realtà che si chiama Celestes Images di Samanta Gandolfi Branca.
Solares è una realtà che valica frequentemente e agevolmente i confini nazionali.
Abbiamo realizzato progetti da New York a Mosca, lavorato molto in Spagna ed in Francia, ma anche in Germania, Portogallo, Inghilterra, organizzato due grosse esposizioni in Corea al museo di Busan, senza contare che praticamente quasi tutti i documentari sono co-produzioni con Francia, Germania, Spagna, Svizzera.
Solitamente il mondo artistico italiano sottovaluta le relazioni con l’estero, qual è stato lo spirito che ha segnato l’internazionalizzazione della Fondazione?
Penso sia una strada obbligata, non solo per i maggiori vantaggi che un progetto artistico può ottenere sia dal punto di vista economico che da quello della visibilità, ma anche perché sprovincializza le istituzioni che si confrontano con il panorama europeo ed internazionale, sviluppando esperienza e ampliando le conoscenze degli operatori culturali e degli artisti.
Poi, Emir Kusturica è diventato il vostro Presidente Onorario.
Penso sia uno dei grandi autori della storia del cinema e non sono molti i registi che come lui hanno vinto più volte i principali premi al Festival di Cannes, Venezia e Berlino. Poi tutto il progetto della No Smoking Orchestra è nato con noi, quando gli abbiamo proposto di tornare a suonare con il gruppo musicale balcanico. La fondazione Solares ha poi curato la realizzazione produttiva del progetto documentaristico di “Super8 Stories” e organizzato incontri, concerti, mostre fotografiche e pubblicazioni che riguardavano il suo lavoro autoriale e cinematografico, oltre a collaborare con il suo Festival di Kustnedorf, dedicato ai giovani registi.
Abbiamo parlato molto della storia passata della Fondazione, quali sono le iniziative di quest’anno?
Abbiamo appena presentato un documentario intitolato “Pasolini – Cronaca di un delitto politico” con la regia di Paolo Fiore Angelini al Festival del Cinema di Roma che verrà distribuito dalla Cineteca di Bologna a marzo, abbiamo una mostra fotografica con immagini della nostra collezione su Dennis Hopper alla Maison des Art a Thonon in Francia, stiamo preparando una mostra sul personaggio di Cipputi con Altan per il Congresso Nazionale sindacato SPI CGIL a Verona, poi ci sono le nostre produzioni teatrali, tra cui quella per bambini/e della compagnia in residenza Rodisio intitolata “Ossicini” e quella di Maurizio Bercini e Marina Allegri intitolata “Sasso”. Stiamo poi preparando un progetto importante per l’arte contemporanea che annunceremo a breve in un nuovo spazio. Inoltre, è in preparazione un progetto europeo dedicato agli adolescenti con Francia e Germania, intitolato “Web Trotter” e un progetto sul digitale intitolato Hedex. Poi continuerà la collaborazione con le iniziative di “Dreamers” della nuova Fondazione Bertolucci, con la sua Presidente Valentina Ricciardelli.
Conosco bene il documentario. Immagino ci sarà tanto da dire anche circa il futuro e i suoi progetti.
Sono tempi in cui penso sia necessario una profonda analisi sugli aspetti legati all’organizzazione interna delle fondazioni culturali, su come favorire formazione ed aggiornamento dei lavoratori e professionisti coinvolti e come occorra ripensare il rapporto con il pubblico per la comunicazione delle attività. Credo si debba dare una maggiore importanza a questo ultimo aspetto, dato che anche Solares, per molto tempo, si è occupata più del fare e del realizzare i progetti che di raccontarli e farli conoscere, confermo invece l’intenzione di farlo nel prossimo futuro. Sono fermamente convinto che l’arte e la cultura rimandano ad un concetto di bellezza, non fine a se stesso, ma utile per fornire all’essere umano maggiori possibilità di convivenza sociale e civile.
Grazie Andrea, è stato un piacere scoprire Solares Fondazione delle Arti.